Bikefulness®

 

 

Bikefulness®, attività olistiche con la bicicletta

Bikefulness® significa “bici in pienezza”.
Possiamo quindi intendere la bici oltreché come strumento di sport e svago, come “attrezzo” per il nostro benessere integrale, che coinvolge ogni dimensione della persona: quella fisica, quella mentale, quella interiore ed emotiva. Pensiamo innanzitutto alla bici come oggetto e al suo funzionamento: essa procede solo in condizioni di equilibrio. Ed è in grado di restituire a chi la usa una sensazione similare, un equilibrio che si riverbera in modo speculare nel suo utilizzatore.

Più di un allenamento

In questi ultimi anni la bicicletta è salita agli onori della cronaca oltreché per i benefici fisici ormai riconosciuti, come protagonista della nuova mobilità urbana, in linea con le nuove scelte di economia green e di smart city. Queste virtù sono evidenti, ma continua a mancare al quadro di insieme, l’enorme potere che la pratica della bici può avere sull’attività e la salute della mente.
Partiamo dall’assunto che parte fisica e parte mentale non siano due aree distinte ma comunicanti e sinergiche. E comunque di appartenenza ad un unico insieme, la persona. Molti tra coloro che praticano la bici con costanza e metodo (non necessariamente professionisti) hanno sperimentato il beneficio di unire al training fisico e tecnico un training mentale appropriato. Io l’ho sperimentato nel tennis, sport che ho praticato da ragazza: in affiancamento agli allenamenti sul campo, effettuavo il rilassamento e le tecniche di visualizzazione. In breve tempo il mio gioco si è perfezionato e si sono evidenziati ampissimi margini di miglioramento.
Questa è stata un’esperienza molto positiva e illuminante, indipendentemente dai risultati agonistici. Ho avuto la prova che la mente allenata può aiutare ad esprimere tutti i talenti piccoli o grandi che si posseggono e, di più, lasciare la precisa sensazione che non si è solamente praticato uno sport, ma si è espressa una tra le parti migliori di se.

Un gesto speciale

Tantissimi pedalatori, sia assidui che occasionali, apprezzano quella sensazione speciale che coinvolge la loro parte emotiva, un mix di libertà e pienezza che si vive andando in bicicletta. Ma perché il gesto della pedalata è così liberatorio e benefico? In primis c`è un motivo fisiologico: la bici è un’attività “in scarico”: i nostri impegni fisici, dall’aerobico al muscolare non gravano sull’apparato scheletrico, “salvando” e allungando la vita a tendini e legamenti.
E c’è, in aggiunta ma in prim’ordine, un aspetto più propriamente emozionale e psicologico: il gesto della pedalata è un gesto “elevato”, mantiene il nostro corpo fisico vicino alla terra ma non in diretto contatto con lei. E’ come se stessimo “alla giusta distanza dal mondo”, per viverlo appieno senza venirne travolti. Nessuna altra attività di movimento nella natura si colloca in questa dimensione “leggermente ultraterrena”. Per tornare alla mia esperienza, oltre a pedalare, mi piace molto camminare: nei boschi, nelle campagne, dove posso provare ossigenazione e libertà, proprio come con la bici. E ugualmente a quanto avviene sulle due ruote, la camminata può produrre un grande senso di equilibrio e di rilassamento. Ma ogni volta che il piede tocca terra è come fare un bagno di realtà, che non rende possibile stazionare in quella dimensione di “distacco cosciente” che è quella della pedalata.

Ogni metro è irripetibile

La ripetizione ciclica e protratta nel tempo del gesto “elevato” della pedalata produce nella nostra persona un particolare tipo di concentrazione che vorrei chiamare “fiducia vigile”. La fiducia vigile è un mindset particolare generato da un movimento ripetuto in condizioni di impegno fisico moderato. Analizziamo per prima la parte della fiducia: la fiducia che spontaneamente proviamo quando andiamo in bicicletta è legata alla bicicletta stessa, come mezzo di locomozione. Si tratta di un’invenzione umana particolarmente riuscita, che continua a produrre benefici alla vita quotidiana degli uomini da molte decine di anni. Si tratta perciò di uno strumento collaudato. Una persona in bici trasporta se stessa, trasporta un carico, può viaggiare per mesi o ripetere brevi spostamenti, il tutto con straordinaria efficienza (dove per efficienza contempliamo l’impegno fisico, la distanza coperta, il tempo impiegato, le risorse economiche investite).
Per questo motivo quando saliamo su una bicicletta proviamo un senso di spontanea fiducia. A questa fiducia si associa quindi questo stato di vigilanza, per generare così un particolare tipo di attenzione. Qui la mindfulness ci viene in ispirazione, poiché nelle sue pratiche l’utilizzo dell’attenzione è disciplina privilegiata, soprattutto se intendiamo quella che viene definita dai mentori della mindfulness come “attenzione focalizzata”.
Il gesto della pedalata e il nostro essere sulla bicicletta che procede, grazie a un mix di:

– automatismi e ripetizioni fluide (un po come quando mettiamo “il pilota automatico”)
– specifiche e irripetibili sollecitazioni sensoriali e fisiche dovute all’ambiente dove ci muoviamo (un bosco, lo sfrigolare della ghiaia sotto alle ruote, una curva)
– la personale risposta corporea (la presa del manubrio, la tensione delle braccia, il respiro che si accorda con il movimento delle gambe)

genera le condizioni per creare e ricreare continuamente quel particolare set mentale e sensoriale che è l’attenzione focalizzata ovvero la piena presenza del momento che si sta vivendo.

Occorre qui mettere un “paletto”. Parliamo di movimento e attività in natura. Perché ovviamente non è possibile raggiungere le dimensioni di cui abbiamo accennato, spostandosi in mezzo al traffico. Ma è vero anche che non è necessaria la foresta amazzonica per raggiungere i nostri scopi; sì può giovare anche di un parco urbano o dei tanti giacimenti naturali che anche le grandi città hanno al loro interno.
Inoltre il patrimonio ciclabile, fortunatamente, è destinato ad aumentare nei centri piccoli e grandi. Quindi, non sarà difficile trovare un ambiente adeguato alla nostra pedalata “evoluta”.
Dalla mia esperienza di guida bike una grande anticamera e palestra per entrare in connessione positiva con i propri simili è farlo attraverso la natura, in primis “muovendocisi dentro” e avendo in quegli ambienti delle esperienze piacevoli.
La bici in natura è una grande e accessibile palestra di connessione che abbiamo sempre a disposizione. E’ nella natura che cercheremo il nostro bikeful-set: essere intenzionalmente presenti all’esperienza di bike (di movimento ciclico e coinvolgimento sensoriale) che si sta sviluppando, senza giudizio e con intento di adesione all’esperienza stessa. La pratica porterà da uno stato estemporaneo di benessere a uno stato permanente, non attraverso una magia o un’adesione devozionale ma attraverso nuove combinazioni neuronali, come la neurobiologia ha individuato e come uno dei padri della mindfulness, Daniel j. Siegel, ha affermato:
“Dove l’attenzione va, una serie di neuroni si attiverà e una nuova connessione nervosa si formerà”.

Un ultimo appunto: per praticare la Bikefulness® il requisito più importante è gradire il gesto della pedalata; deve essere un movimento che ci piace, una postura che ci fa sentire naturalmente a nostro agio, una dimestichezza che si ottiene anche e soprattutto attraverso la pratica. Solo attraverso un gesto che ci piace possiamo mantenere una motivazione e una continuità che non deriva da un’autoimposizione ma da una scelta dove il piacere ha un ruolo primario. Non è possibile cimentarsi con successo in qualcosa che non gradiamo fino in fondo.

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Bikefulness – © 2019 Cristina Merloni / DigiBike